Ripercorrendo il passato per vivere il presente
Perch? oltre a definirsi evangeliche, queste chiese si dicono valdesi? VALDO (da cui valdese) ? un mercante di Lione, di poco anteriore a san Francesco (XII-XIII sec.) che decise, al termine di una profonda crisi spirituale, di vivere l’esperienza degli apostoli al seguito di Cristo. Di conseguenza vende i suoi beni e si consacra alla predicazione del Vangelo. Nel prendere questa decisione egli non intendeva ribellarsi alla Chiesa, pensava anzi di collaborare al suo rinnovamento seguendo l’esempio degli apostoli; fu invece scomunicato insieme ai suoi seguaci.
Il movimento valdese, detto “dei poveri”, di Lione in Francia e di Lombardia in Italia, si estese in Europa, raccogliendo consensi fra il popolo. Come tutti i movimenti detti “ereticali” ? oggetto di repressione e persecuzioni da parte dei poteri civili e religiosi. Malgrado questa situazione di difficolt? e la caccia dell’Inquisizione mantiene la sua coerenza e si espande in tutta l’Europa medievale. Le zone in cui i valdesi si impiantarono con maggior consistenza furono le Alpi Cozie, la Provenza, la Calabria e la Germania meridionale. I loro predicatori itineranti erano detti barba (in dialetto “zio”, nel senso di persona di riguardo) da cui barbetti, appellativo popolare con cui vennero designati sino in tempi recenti in Piemonte.
La testimonianza del movimento mantenutasi coerente attraverso i secoli dal XII al XVI era centrata su due aspetti del messaggio cristiano: la fedelt? al Vangelo e la povert? della Chiesa. La Chiesa cristiana, dissero i valdesi, si richiama a Ges?: ne deve perci? prendere alla lettera gli insegnamenti rinunciando perci? al potere politico, all’uso della forza ed alle alleanze con le potenze del mondo.
Quando sorse in Europa la Riforma protestante i valdesi vi aderirono nel 1532, organizzandosi in comunit? alternative a quella di Roma, con predicatori locali per il culto e la celebrazione dei sacramenti. La presenza protestante tocc? in quel periodo molte altre citt? del Piemonte e d’Italia ed il cattolicesimo mantenne il suo predominio assoluto grazie solo all’azione della Controriforma e all’appoggio dei principi.
Per un complesso di circostanze favorevoli i valdesi riuscirono ad ottenere il riconoscimento della loro religione in un’area ben definita delle Alpi Cozie. Questo nucleo di poche migliaia di protestanti costitu? per quasi tre secoli un avamposto del protestantesimo europeo.
I sovrani di Francia e Piemonte non abbandonarono per? il progetto di riconquistarle alla fede cattolica. Momenti particolarmente tragici si ebbero nel 1655 quando il massacro conosciuto come le Pasque piemontesi sollev? l’indignata protesta dell’Europa e l’intervento dell’Inghilterra di Cromwell. Altro momento tragico si ebbe nel 1685, quando Luigi XIV re di Francia viet? ai protestanti la professione della loro religione e anche le chiese valdesi del Piemonte furono distrutte. Solo poche migliaia di superstiti si salvarono in Svizzera, rientrando dopo tre anni con una memorabile marcia conosciuta come il Glorioso Rimpatrio.
Per tutto il XVIII secolo per? i valdesi vissero ancora emarginati e oggetto di una legislazione discriminatoria che ne faceva dei cittadini di seconda categoria chiusi nel loro territorio all’incirca come gli ebrei nel ghetto.
Dovettero attendere il 17 febbraio 1848 per vedere riconosciuti i loro diritti civili e politici dalle Lettere Patenti di Carlo Alberto. I loro diritti civili e politici vennero riconosciuti dall’editto promulgato da Carlo Alberto il 17 febbraio 1848 (in ricordo del quale i valdesi festeggiano a tutt’oggi quella data), ma la religione cattolica restava religione dello Stato e di conseguenza i principi moderni della separazione della Chiesa dallo Stato e della libert? religiosa non vennero attuati; n? la chiesa cattolica n? la societ? italiana erano pronte ad accoglierre queste istanze del mondo moderno. I valdesi si impegnarono invece attivamente nella difesa di questi principi, dal Risorgimento alla Resistenza, convinti della loro importanza per il rinnovamento politico e sociale del paese. Con il 1848 e l’inizio del Risorgimento i valdesi non furono pi? i soli evangelici presenti in Italia. Gruppi di esuli politici in Piemonte e di ritorno dall’Europa diedero vita ad una chiesa libera italiana, altri accolsero invece la predicazione di missionari giunti dal mondo anglosassone esponenti delle chiese metodiste e battiste. Per esprimere questo impegno nella vita sociale della nazione sia i valdesi che gli evangelici usarono il termine “evangelizzazione”. Parlando di “evangelizzare” l’Italia essi non intendevano fondare una nuova religione, ma, come Valdo, rendere attuale il messaggio dell’Evangelo: diffondere la Bibbia, stimolando la riflessione teologica per un rinnovamento della fede cristiana. Questa opera di testimonianza fu effettuata a livello di predicazione con l’apertura di sale di conferenze e di locali di culto, ma si espresse anche nel campo dell’assistenza e con particolare impegno in quello dell’educazione. Venne creata una diffusa rete di scuole elementari e si pu? dire che ogni comunit? evangelica ebbe una sede scolastica; il maestro insieme al venditore di Bibbie fu il personaggio tipico dell’evangelismo italiano. Ed accanto alle scuole, convitti, orfanotrofi, scuole di artigianato, altrettanto intenso fu l’impegno nel campo sanitario ed assistenziale con fondazioni di ospedali, ricoveri per anziani, asili.
Ripercorrendo il passato per vivere il presente
Perch? oltre a definirsi evangeliche, queste chiese si dicono valdesi? VALDO (da cui valdese) ? un mercante di Lione, di poco anteriore a san Francesco (XII-XIII sec.) che decise, al termine di una profonda crisi spirituale, di vivere l’esperienza degli apostoli al seguito di Cristo. Di conseguenza vende i suoi beni e si consacra alla predicazione del Vangelo. Nel prendere questa decisione egli non intendeva ribellarsi alla Chiesa, pensava anzi di collaborare al suo rinnovamento seguendo l’esempio degli apostoli; fu invece scomunicato insieme ai suoi seguaci.
Il movimento valdese, detto “dei poveri”, di Lione in Francia e di Lombardia in Italia, si estese in Europa, raccogliendo consensi fra il popolo. Come tutti i movimenti detti “ereticali” ? oggetto di repressione e persecuzioni da parte dei poteri civili e religiosi. Malgrado questa situazione di difficolt? e la caccia dell’Inquisizione mantiene la sua coerenza e si espande in tutta l’Europa medievale. Le zone in cui i valdesi si impiantarono con maggior consistenza furono le Alpi Cozie, la Provenza, la Calabria e la Germania meridionale. I loro predicatori itineranti erano detti barba (in dialetto “zio”, nel senso di persona di riguardo) da cui barbetti, appellativo popolare con cui vennero designati sino in tempi recenti in Piemonte.
La testimonianza del movimento mantenutasi coerente attraverso i secoli dal XII al XVI era centrata su due aspetti del messaggio cristiano: la fedelt? al Vangelo e la povert? della Chiesa. La Chiesa cristiana, dissero i valdesi, si richiama a Ges?: ne deve perci? prendere alla lettera gli insegnamenti rinunciando perci? al potere politico, all’uso della forza ed alle alleanze con le potenze del mondo.
Quando sorse in Europa la Riforma protestante i valdesi vi aderirono nel 1532, organizzandosi in comunit? alternative a quella di Roma, con predicatori locali per il culto e la celebrazione dei sacramenti. La presenza protestante tocc? in quel periodo molte altre citt? del Piemonte e d’Italia ed il cattolicesimo mantenne il suo predominio assoluto grazie solo all’azione della Controriforma e all’appoggio dei principi.
Per un complesso di circostanze favorevoli i valdesi riuscirono ad ottenere il riconoscimento della loro religione in un’area ben definita delle Alpi Cozie. Questo nucleo di poche migliaia di protestanti costitu? per quasi tre secoli un avamposto del protestantesimo europeo.
I sovrani di Francia e Piemonte non abbandonarono per? il progetto di riconquistarle alla fede cattolica. Momenti particolarmente tragici si ebbero nel 1655 quando il massacro conosciuto come le Pasque piemontesi sollev? l’indignata protesta dell’Europa e l’intervento dell’Inghilterra di Cromwell. Altro momento tragico si ebbe nel 1685, quando Luigi XIV re di Francia viet? ai protestanti la professione della loro religione e anche le chiese valdesi del Piemonte furono distrutte. Solo poche migliaia di superstiti si salvarono in Svizzera, rientrando dopo tre anni con una memorabile marcia conosciuta come il Glorioso Rimpatrio.
Per tutto il XVIII secolo per? i valdesi vissero ancora emarginati e oggetto di una legislazione discriminatoria che ne faceva dei cittadini di seconda categoria chiusi nel loro territorio all’incirca come gli ebrei nel ghetto.
Dovettero attendere il 17 febbraio 1848 per vedere riconosciuti i loro diritti civili e politici dalle Lettere Patenti di Carlo Alberto. I loro diritti civili e politici vennero riconosciuti dall’editto promulgato da Carlo Alberto il 17 febbraio 1848 (in ricordo del quale i valdesi festeggiano a tutt’oggi quella data), ma la religione cattolica restava religione dello Stato e di conseguenza i principi moderni della separazione della Chiesa dallo Stato e della libert? religiosa non vennero attuati; n? la chiesa cattolica n? la societ? italiana erano pronte ad accoglierre queste istanze del mondo moderno. I valdesi si impegnarono invece attivamente nella difesa di questi principi, dal Risorgimento alla Resistenza, convinti della loro importanza per il rinnovamento politico e sociale del paese. Con il 1848 e l’inizio del Risorgimento i valdesi non furono pi? i soli evangelici presenti in Italia. Gruppi di esuli politici in Piemonte e di ritorno dall’Europa diedero vita ad una chiesa libera italiana, altri accolsero invece la predicazione di missionari giunti dal mondo anglosassone esponenti delle chiese metodiste e battiste. Per esprimere questo impegno nella vita sociale della nazione sia i valdesi che gli evangelici usarono il termine “evangelizzazione”. Parlando di “evangelizzare” l’Italia essi non intendevano fondare una nuova religione, ma, come Valdo, rendere attuale il messaggio dell’Evangelo: diffondere la Bibbia, stimolando la riflessione teologica per un rinnovamento della fede cristiana. Questa opera di testimonianza fu effettuata a livello di predicazione con l’apertura di sale di conferenze e di locali di culto, ma si espresse anche nel campo dell’assistenza e con particolare impegno in quello dell’educazione. Venne creata una diffusa rete di scuole elementari e si pu? dire che ogni comunit? evangelica ebbe una sede scolastica; il maestro insieme al venditore di Bibbie fu il personaggio tipico dell’evangelismo italiano. Ed accanto alle scuole, convitti, orfanotrofi, scuole di artigianato, altrettanto intenso fu l’impegno nel campo sanitario ed assistenziale con fondazioni di ospedali, ricoveri per anziani, asili.
Il sermone della Domenica
In verit?, in verit? ti dico: chi non ? nato di nuovo, non pu? vedere il Regno di D?o! G?ovanni, 11:3
Di tutti i testi che si trovano negli Evangeli, questo di Ges? con Nicodemo ? uno fra quelli che ho amato ed amo di pi?.
Lo ho amato da ragazzina, quando ancora ero convinta che l’autore di quelle parole fosse stato davvero Giovanni, il discepolo che Ges? amava fra gli altri suoi amici, colui che si appoggi? al suo petto, la sera dell’ultima cena; lo ho amato con ragionamenti da ragazzina, invidiando quella amicizia cosi profonda, quella possibilit? di vicinanza anche fisica.
Mi piaceva in particolare, di quella storia, quel signore anziano e sapiente che, di notte, andava dal giovane Rabbi a chiedere spiegazioni ed il conforto dell’ascolto… e quante volte, nella notte della nostra solitudine; della nostra sofferenza; della nostra paura, di vivere e di dover soffrire, vivendo, anche noi andiamo, il cuore stretto, dal nostro Signore, questo a mostrargli, il nostro spirito spaventato, e questo a chiedergli, spiegami, come, perch?… e quante volte, riusciamo a parlare con Dio solo quando riusciamo a fare in noi un silenzio simile a quello della notte, capace di addormentare la nostra presunzione e di farci “mollare gli ormeggi ” del nostro falso senso di sicurezza, e farci finalmente sentire dei tutto sottomessi al nostro Signore, che ci porta sulle sue ali d’aquila!
Quand’ero ragazzino, pensavo da ragazzino , o, ora che sono adulto ragiono da adulto, diceva Paolo nella prima ai Corinzi; ma rimane d’altronde il fatto, incontestabile, che davanti a Dio, questo e niente altro siamo tutti noi, giovani e anziani, dottori e non dottori: ragazzini, adolescenti votati ad un’eterna immaturit? di comprensione!
E’ alla consapevolezza di questa nostra condizione che le parole di Ges? a Nicodemo, anche ci chiamano… Anche, ma non solo.
L’invito alla conversione – al cambiamento di mentalit? – che ? il nerbo di tutta la predicazione di Ges?, e la conseguenza dell’ascolto dell’annuncio, si ripete, ancora una volta fortissimo, nell’istanza di una nuova nascita, quella nascita cui ? chiamato l’umano che, trovato da Dio, trova a sua volta se stesso credente, nuovo uomo e nuova donna, tralcio, nella vite che ? Ges?.
Senza questa nuova nascita, noi non possiamo vedere il Regno di Dio: neppure possiamo renderci conto che c’? davvero! Noi siamo credenti. Anche Nicodemo, lo era: era un dottore della Sinagoga. A Nicodemo, Ges? chiede di rinascere. A noi, le parole di Ges? chiedono: stiamo forse pensando la nostra rinascita sia avvenuta una volta per tutte?
La nostra salvezza, si, lo ?: perch? non ? opera umana, non ? opera nostra, ma opera di Dio, nato morto e risorto per noi. Ma la nostra nuova nascita non ? definitiva: troppo forte, in noi, la natura umana, l’egoismo, l’ansia di giudicare, la presunzione di volere essere noi stessi la nostra salvezza! E dunque, ci? che ci ? chiesto, ci? che dobbiamo chiedere a noi stessi, ? di essere disposti a rinascere ogni giomo, per opera dello Spirito, che, nella sua infinita e non meritata bont?, soffia su di noi e fra di noi. Ricordando che non appena agiamo, non solo per la gloria di Dio, ma anche per nostra realizzazione, per il nostro bisogno di autostima – e questo ci succede e ci succeder? sempre, perch? siamo esseri umani, chiamati ad essere santi, non gi? santi, – noi, moriamo alla Parola; e la Parola torna, a farci nascere di nuovo, come il buon Pastore esce la notte a trovare la sua pecora smarrita: per questo Ges? dice, io sono la Resurrezione e la vita… io sono: non, io sono stato! La salvezza che Dio ci ha regalato ? nostra. La nostra giustizia, pu? regalarcela solo la fede, una fede consapevole che come abbiamo bisogno dell’ossigeno per respirare, cos? abbiamo bisogno del soffio dello Spirito che ci conduca a nuova vita… tutti i giorni. Esser pronti a rinascere, tutti i giorni, significa essere pronti a dimenticare noi stessi; ad amare senza condizioni ogni altro essere umano che ci capita di incontrare: fratello o sorella, simpatico o antipatico… significa che necessit? ci ? imposta – in ogni istante della nostra vita, con ogni gesto, ogni parola, ogni pensiero: pregando, lavorando, perfino andando a comprare il giomale! – di portare, con le nostre parole ed i nostri atteggiamenti, l’annuncio che il Regno dei cieli ? veramente a portata della vista di chiunque cui lo Spirito conceda di rispondere a questo annuncio, si, amen! Vuoi dire che dobbiamo essere pronti ad abbandonare l’uomo vecchio, quello che giudica, quello che si sente giusto, quello che porta rancore, quello che si sente migliore degli altri, per nascere di nuovo, ingenui e forti, come lo sono i bambini… Ingenui e forti: essere credenti non ? uno status, giuridico o morale, ? un modo di camminare per i sentieri della vita!
Non ci sono scuse di et? – davanti a Dio siamo solo bambini – non ci sono scuse di denominazioni, non ci sono scuse di crediti da riscuotere – rimetti, o Dio, a noi i nostri debiti, come noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori, questo ? ci? che Ges? ci ha detto di chiedere al Padre che ci ha regalato – non ci sono argomenti da poter opporre, allo Spirito che soffia per farci nascere di nuovo. Conceda il Signore, a ognuno di noi, che sappiamo pregare di non sentirci mai adulti nella fede, mai a posto con la coscienza, davanti a lui che ci chiama all’opera; conceda il Signore, a ciascuno di noi, che il nostro pianto sia come quello dei bambini al momento in cui nascono: l’accettazione serena della sfida della nuova vita, che inizia! Giovanna Vernarecci di Fossombrone
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